Caso Romeo: Ripensare al facility management

La chiusura della vicenda dell’imprenditore Alfredo Romeo, con la condanna ad due anni e mezzo per corruzione dopo il patteggiamento del dirigente Consip, non può solo indignare. Consip nel 2021 ha gestito 18,3 miliardi di euro attraverso i suoi strumenti messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni. Un sistema, quello della razionalizzazione della spesa pubblica, voluto nel 1999 dall’allora ministro dell’economia Giuliano Amato, che ha portato certamente grandi benefici al settore degli appalti pubblici. Basti pensare che anche in Europa hanno lodato il modello inserendolo nelle direttive quadro del 2014. La centrale di committenza garantisce vantaggi diretti (una potenziale riduzione dei prezzi unitari grazie all’aggregazione della domanda) e un risparmio indiretto (la riduzione significativa del numero di procedure, con eliminazione dei costi delle gare per le singole stazioni appaltanti).

Tuttavia il caso Romeo riporta alla memoria ciò che avvenne nel 2003 quando Consip pianifico di bandire la prima gara di global service (o facility management). I ricavi illeciti di Romeo riguardano proprio questo settore sul quale occorre fare una seria riflessione.

Il facility management  è l’affidamento di servizi integrati, gestionali ed operativi, da eseguirsi negli immobili, adibiti prevalentemente ad uso ufficio, in uso a qualsiasi titolo alle pubbliche amministrazioni.

Si tratta di un compito di coordinamento di tutte le attività che servono a mantenere un immobile, dall’impiantistica ai piccoli interventi di riparazione. Generalmente queste operazioni sono svolti da piccole imprese prossime alla sede degli enti in modo da garantire un pronto intervento. Piccole imprese che in passato avevano un rapporto diretto con le stazioni appaltanti che, attraverso lo strumento del cottimo fiduciario, affidavano piccoli appalti. Con l’avvento di Consip e della centralizzazione dei contratti, questi affidamenti diretti si sono trasformati in subappalto con l’inserimento nella filiera del facility manager che, eccedendo forse in semplificazione, appare un mero intermediario in affari. Il canone che si paga a questo soggetto non può che incidere negativamente sul prezzo che riceve il subappaltatore.

Sentiamo ripetere spesso che occorre favorire le piccole, anzi micro, imprese (lo prevede anche il decreto sul PNRR), tuttavia poco possono fare i RUP per individuare una ditta affidabile del territorio se poi è il facility manager a scegliersi i subappaltatori. Le piccole imprese per lavorare con gli enti devono passare attraverso le convenzioni della Consip, pagando il prezzo di una intermediazione il cui valore spesso anche le stazioni appaltanti non percepiscono.

La vicenda Romeo può essere l’occasione per rivedere la strategia del programma gestito dalla Cosip. Strategia che decise la politica e che, in ultima analisi, spetta oggi sempre alla politica ridisegnare.

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